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25 maggio 2015

Lettere dal fronte. Ungaretti scrive a Papini

Ungaretti nelle trincee del Carso

Questi documenti sono conservati presso la Fondazione Primo Conti di Fiesole

Giuseppe Ungaretti è stato uno dei più grandi testimoni della Grande Guerra e trascorse quasi tutti gli anni di guerra sul fronte del Carso per poi passare, solo negli ultimi mesi del conflitto, sul fronte francese dello Champagne. Dalla trincea scrisse versi memorabili, che riassumono lo spaesamento esistenziale dell’uomo di fronte agli orrori di quel conflitto bellico rielaborati in uno dei più celebri volumi della poesia italiana: "Il porto sepolto”.

Tuttavia accanto alla grande riflessione poetica abbiamo anche altri documenti che narrano, quasi in presa diretta, l’esperienza di Ungaretti al fronte. Il racconto dei giorni terribili trascorsi dal poeta-soldato sul Carso è raccolto nel fittissimo epistolario che egli scambiò con i suoi amici scrittori dell’epoca.

Pubblichiamo qui due tra le molte lettere inviate dal fronte a Giovanni Papini, a Firenze. I documenti, conservati all’interno del carteggio di Giovanni Papini, presso la Fondazione Primo Conti di Fiesole, colgono l’uomo in due momenti profondamente diversi. La prima lettera, spedita nell’imminenza della partenza per il fronte, ci mostra il volto dell’Ungaretti interventista e convinto sostenitore della necessità di entrare in guerra. Nella seconda - scritta pochi mesi dopo, appena nel dicembre 1915 - vediamo invece un uomo letteralmente distrutto, nel fisico e nel morale, dalla guerra: «per ora, tranne quando trascino il mio capo riottoso a combattere, sono un decaduto».

L’intero carteggio Ungaretti-Papini è stato edito in UNGARETTI Giuseppe, Lettere a Giovanni Papini 1915-1948, a cura di Maria Antonietta Terzoli. Introduzione di Leone Piccioni, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1988.

Cartolina [6 novembre 1915], t.p.

Caro Papini, è vicina da un'ora all'altra la partenza per il fronte, mi ricordo di lei, - uno dei ricordi più cari - che mi ha incoraggiato a vivere; e spero di tornar vivo per dimostrarle la riconoscenza che le devo, e ai suoi amici. I vivi saranno con noi, dopo guerra: noi, chi rimarrà di noi, che con lei, con Soffici, con Palazzeschi, con Jahier e con De Robertis - non avvicino questi due nomi senza intenzione - con Serra e, in particolare, con Prezzolini hanno preparato questa miglior "aria nostra, in Italia". Per ora all'armi e abbracci Ungaretti 53° fanteria, 2° campo Vercelli

 

Cartolina [31 dicembre 1915], t.p.

Caro Papini, ho aspettato con desiderio un suo biglietto. Sapesse in che deserto mi trovo. Ho ricevuto da Parigi "Le journal des ecrivains". È la sola carta stampata che mi sia pervenuta, da settimane a darmi notizia di morte. Ho fatto le mie giornate di trincea, sulla cresta d'un monte, affogato nel fango. Ma questo sarebbe nulla. La guerra attuale io l'ho augurata. È altro che mi deprime. Tornato in Italia ne scriverò. Per ora, tranne quando trascino il mio capo riottoso a combattere, sono un decaduto, tuo Ungaretti

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