Archivi in Toscana

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La storia di un missionario amico dei poveri e dei detenuti politici


La vita di Renzo Rossi, sacerdote che ha scelto da sempre di stare accanto agli ultimi – operai, prigionieri politici, poveri del mondo – è densa di episodi e di avvenimenti particolarissimi che si collocano in un momento storico ed in ambiti geografici ben precisi, ossia in Italia negli anni Cinquanta – Sessanta ed in Brasile negli anni Settanta – Ottanta.

Nacque a Firenze il 31 agosto 1925, da Attilio Rossi ed Ethel Paolini, primo di tre fratelli: Alfiero nato nel 1928 e Elsa nata nel 1931. Di famiglia umile, con la madre cattolica fervente, già all’età di undici anni sentì la vocazione al sacerdozio. Entrò nel collegio Eugeniano nel 1936 e qui rimase fino al 1938, per poi passare al seminario dove completò prima il ginnasio nel 1941 e poi il liceo, tre anni dopo. Dal 1944 al 1948 studiò teologia nel seminario maggiore  e l’11 luglio 1948 fu ordinato sacerdote. Di questo primo periodo della vocazione, dello studio in seminario e dell’ordinazione sacerdotale, tra il ‘40 e il ‘48, l’archivio restituisce un numero consistente di documenti, tra cui 13 quaderni del ginnasio; materiale di studio e appunti; ricordi e riflessioni; minute e lettere; un giornalino dattiloscritto e illustrato intitolato I preti del “48”; un quaderno con meditazioni e conversazioni con i seminaristi; numerose fotografie.

Nel periodo successivo, dal ’48 al ’53, don Rossi fu impegnato a svolgere attività pastorale nelle parrocchie periferiche della diocesi fiorentina, come era in uso per tamponare situazioni di emergenza, ma soprattutto per far fare una sorta di tirocinio ai preti novelli: nell’agosto del 1948 venne mandato a Montelupo come curato, a dicembre del 1949 a San Gervasio come cappellano, da giugno a dicembre 1950 di nuovo cappellano a Montelupo, dal gennaio 1951 al luglio 1952 cappellano a Brozzi e dall’agosto del 1952 ad aprile 1954 a Vicchio del Mugello. In questi anni inizia anche l’esperienza di assistente agli operai del Gas di Rifredi e agli operai delle officine delle Ferrovie di Porta a Prato. Nel 1965, prima della partenza come missionario in Brasile, era parroco ormai da cinque anni a Ponte di Mezzo, a Lastra a Signa, dove era approdato dopo cinque anni di sacerdozio a Rifredi. 

Partì per l’America Latina insieme a don Paolo Tonucci il 19 ottobre 1965 e arrivò a Rio de Janeiro dopo dieci giorni di viaggio in nave. Il 4 novembre entrambi i sacerdoti giunsero a Salvador e Renzo fu inviato nella parrocchia di Nazaré das Farinhas. Il 6 gennaio 1966 si stabilì con don Tonucci, nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe, in un poverissimo quartiere dove la gente viveva una vita misera e abitava in case fatte di terra impastata sorrette da tralicci di bastoni. Lì, povero tra i poveri, iniziò a condividere i principi della teoria della liberazione ed intraprese l’esperienza delle comunità ecclesiali di base, già negli ultimi anni Sessanta. 

Nel 1970, prima di un breve rientro in Italia, venuto a sapere che le autorità brasiliane avevano arrestato frate Giorgio Callegari, che conosceva e del quale voleva portare notizie ai famigliari, riuscì ad avere il permesso di entrare nel penitenziario di Tiradentes. Fu in quell’occasione che Renzo Rossi conobbe la realtà delle carceri brasiliane e delle condizioni disumane dei prigionieri politici, sottoposti a feroci torture. Fu tuttavia dal 1975 che ebbe inizio la sua nuova e piena esperienza di condivisione delle sorti dei detenuti politici, quando, dopo aver superato mille ostacoli, riuscì a far visita ad un suo amico Benjamin Ferreira de Souza, arrestato e rinchiuso nel penitenziario di Lamos de Brito. Da allora l’impegno con i detenuti politici fu continuo e tenace fino al 1982, divenendo egli anche l’intermediario dei prigionieri politici in Europa dove si adoperò per ottenere un’amnistia generale. Il periodo brasiliano fu denso di incontri con donne e uomini condannati e torturati, con i loro famigliari, con ex detenuti, con avvocati, organizzazioni di tutela dei diritti umani, vescovi e cardinali, uomini di chiesa e personaggi che ancor oggi ricoprono importanti incarichi politici nell’attuale governo brasiliano. Molte vicende di questo lasso di tempo sono  puntualmente documentate nel libro di Emiliano Josè Don Renzo Rossi, un prete fiorentino nelle carceri del Brasile, Milano, ed. San Paolo, 2003, per scrivere il quale l’autore ebbe modo di intervistare il sacerdote nel corso di due incontri (34 ore di intervista) avuti con lui nel 1999 e nel 2000, a Firenze, nella casa dove abitava, vicino al Duomo.

Del libro in archivio esiste una copia dattiloscritta delle bozze dell’edizione portoghese. Oltre ai diari relativi a quegli anni, l’esperienza nelle carceri brasiliane sotto la dittatura, è ben documentata dal materiale archivistico di don Renzo. Ad essa fanno riferimento, infatti, memorie, testimonianze, ricordi di persone, notizie biografiche scritte e dattiloscritte, pagine di diario trascritte, lettere, ritagli di giornale, opuscoli e fotografie.

Il 28 gennaio 1989 essendo stato richiamato a Firenze dal cardinale Piovanelli, Renzo Rossi lasciò il Brasile per fare ritorno a Firenze dove restò fino all’ottobre del 1991. Tornò ancora in America Latina ma dal 1997 rientrò definitivamente in Italia, per motivi di salute. Gli ultimi decenni della vita li trascorse alternando a brevi soste fiorentine lunghi soggiorni all’estero, sempre in paesi poveri delle periferie del mondo come Africa e India.

Subito dopo la sua scomparsa, il 25 aprile 2013, la Soprintendenza Archivistica della Toscana è venuto a sapere dell’esistenza di un complesso archivistico di grande interesse conservato presso l’abitazione del sacerdote ed ha preso immediati contatti con i famigliari di lui per collaborare nel riordino delle carte ed alla stesura di un primo generale elenco di consistenza.

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