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Il patrimonio, le istituzioni, gli eventi

Lungo la scia di un'elica. Parte II

a cura della Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana, giugno 2016

Politiche di integrazione

Il “Ponte d’argento”, organizzato dagli italiani degli USA, prevedeva l’invio in Italia di cartoline su cui si incollavano delle sbarrette d’argento
offerte al governo fascista come sussidio agli ex-combattenti che intendevano recarsi come coloni in Etiopia

Durante la “grande emigrazione” le prime associazioni nacquero per il mutuo soccorso tra i soci e per superare le difficoltà legate all’inserimento in una nuova realtà. Con il pagamento di piccole quote mensili da parte di tutti gli aderenti si provvedeva ad aiutare, per qualche tempo, quelli che perdevano il lavoro e a curare i malati. In alcuni casi alla società era abbinata la gestione di uno spaccio che vendeva generi di prima necessità a prezzi minori rispetto al mercato. In seguito le società allargarono i confini della loro attività: svolsero opera di collocamento al lavoro; fornirono un’educazione sanitaria per ridurre l’incidenza delle malattie ed ebbero anche propri medici e ambulatori; crearono scuole e biblioteche sia per l’insegnamento dell’italiano alle nuove generazioni sia per migliorare l’istruzione tecnica dei soci; organizzarono il tempo libero degli iscritti con pranzi sociali, balli, feste per le ricorrenze politiche e religiose, manifestazioni culturali e sportive.

Tutti i governi dei paesi d’immigrazione hanno svolto, in modi e con metodi diversi, opera di integrazione nei confronti degli stranieri. La maggior efficacia della politica d’integrazione messa in atto dai paesi ospitanti è stata ottenuta tramite la scuola (dal ciclo scolastico obbligatoriamente frequentato dai bambini ai corsi di lingua e cultura generale per gli adulti) e con degli interventi di tipo assistenziale aventi lo scopo di far acquisire rapidamente costumi e abitudini locali.

Nonostante ciò, la storia dell’emigrazione italiana è costellata anche da tragici episodi di xenofobia, verificatisi sia in Europa che in America specialmente nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Le cifre si commentano da sole. Negli Stati Uniti: nel 1891, 11 linciaggi a New Orleans; nel 1893, un linciaggio a Denver; nel 1895, 6 assassinii a Walsenburg; nel 1896, 5 linciaggi a Tallulah. In Europa: nel 1893 numerose vittime negli incidenti di Aigues Mortes, in Francia; nel 1896, 3 assassinii a Zurigo. Inoltre una serie di incidenti - sempre cruenti ma con esiti non letali - hanno segnato tutto il periodo della grande emigrazione. Elementi comuni a tutti gli episodi erano: i pregiudizi razziali e culturali; i timori di ripercussioni economiche per il massiccio afflusso di immigrati; l’influenza della situazione politica generale dei paesi interessati al fenomeno migratorio.

Ai primi emigranti bene si adatta la definizione coniata da Oscar Handlin di “sradicati”: nella maggior parte dei casi essi, pur facendo fronte alla diversità che li circondava, se ne difendevano rifiutando di imparare la lingua del paese di accoglienza, al di là del minimo indispensabile, e mantenendo il più a lungo possibile usi ed abitudini di quello di origine. Con il passare degli anni invece le nuove generazioni risultano ben inserite nella società in cui operano ed emergono nei più diversi campi: dalla ricerca all’imprenditoria, dalla politica alle arti, dalla finanza al cinema.

Via via che le generazioni si integrano, cominciano a sentire il bisogno di riscoprire le radici e cercano di recuperarle perché senza memoria non c’è identità e l’identità deve essere come un “motore di spinta” che mette insieme aspetti prettamente etnici (religione, feste, abitudini alimentari) e nuovi stili di vita (lavoro, famiglia, amicizie).

Per citare questo speciale:

Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana, Lungo la scia di un'elica. Parte II, 18, Portale Archivistico Toscano, giugno 2016

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