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La vetrina dei segreti

A cura di Roberta Barbis, 10 marzo 2017

Le Scuole Leopoldine nel 1943-44: cronaca di una requisizione dimenticata

La lettera del 29 luglio 1944 con cui il Soprintendente Baldasseroni richiedeva il ritiro delle armi rimaste nei locali delle Scuole Leopoldine

Questi documenti sono conservati presso l'Archivio storico del Comune di Firenze

L'8 marzo del 1944 centinaia tra operai, impiegati, professionisti e semplici cittadini, vittime di rastrellamenti indiscriminati a Firenze e dintorni dopo l'ondata di scioperi avvenuti in tutta la Toscana, venivano deportati come "operai volontari per la Germania” sui carri piombati in partenza dal binario 6 della stazione di Santa Maria Novella, finendo nei lager di Mauthausen, Gusen ed Ebensee. La deportazione seguiva alla  permanenza forzata  nei locali delle Scuole Leopoldine in piazza Santa Maria Novella, oggi sede del Museo del Novecento, che all'epoca ospitavano il Centro di raccolta dei lavoratori italiani destinati in Germania.

Particolari inediti sulla requisizione dello storico edificio da parte del comando germanico sono emersi dalle carte del Fondo Scuole Leopoldine conservato presso l'Archivio storico del Comune di Firenze, ed in particolare dall'unità SL 91, contenente gli Affari del 1944. Nella relazione datata 11 gennaio 1944 il soprintendente Giuseppe Baldasseroni lamenta che – a seguito della requisizione comunicata verbalmente già nell'ottobre 1943 - "non è stato possibile far funzionare il Corso elementare e per il Corso professionale sono rimaste disponibili solo quattro aule". La situazione (come specificato in una lettera del 15 giugno 1944 dello stesso Baldasseroni al Capo della provincia) si aggrava proprio nel marzo successivo, quando alcuni ispettori del Commissariato italiano del lavoro, giunti da Verona, decidono di insediare i loro uffici nelle stanze terrene, fino ad allora occupate dalla segreteria e dalla soprintendenza delle scuole: nel mese di aprile si presenta l'ispettore incaricato di prender possesso dei suddetti locali, il quale al soprintendente che obietta di non aver mai ricevuto alcun ordine di requisizione risponde imperturbabile che in realtà tale ordine è già stato regolarmente emesso.

Il giorno dopo infatti, 12 aprile, giunge la comunicazione scritta del direttore del Centro raccolta lavoratori, Luigi Genovesi, che allega copia dell'ordine, redatto in italiano e in tedesco nonché molto opportunamente retrodatato al 2 marzo! L'occupazione si allarga ad altri ambienti da tempo affittati dall'opera pia a privati, come ad esempio la ditta Luigi Guidotti, oggetto della diffida prontamente inviata il 15 aprile dal direttore Genovesi, che già dispone di carta intestata Centro di raccolta lavoratori - Firenze - Piazza S. Maria Novella 10, telef. 22.990. In pratica, la requisizione dell'intero immobile comporta un danno economico notevole per l'amministrazione delle scuole, quantizzata dal soprintendente in £ 2530 di canoni semestrali d'affitto perduti, oltre ad una spesa di £ 1169,35 di abbonamento telefonico, £ 2092,16 di luce elettrica e £ 362,40 di acqua potabile, senza contare il mobiliare dell'opera pia "ceduto in uso".

A scanso di equivoci, il 4 maggio Baldasseroni invia al commendator Giovanni Poggi, soprintendente all'Arte medioevale e moderna, una nota con l'elenco delle opere d'arte presenti nelle poche stanze rimaste a disposizione del suo ufficio (un crocifisso sagomato e dipinto su tavola di scuola toscana del sec. XIII, una Madonna in terracotta di scuola fiorentina del sec. XV e 7 tele di scuola tedesca raffiguranti la Passione): lo prega infine di fargli avere un cenno di ricevuta delle "Terre Robbiane tolte a cura di codesta soprintendenza dalla facciata e dall'interno della loggia S.Paolo in piazza S.Maria Novella".

Finalmente, il 21 luglio 1944 Baldasseroni scrive al Comando germanico per la raccolta dei lavoratori italiani chiedendo se possono essergli restituiti "i locali che a questo comando non servono più", ricevendo risposta affermativa, come testimoniato da una nota in tedesco scritta a mano sul retro dello stesso foglio. La liberazione di Firenze è ormai imminente: quasi ad anticipare la fine delle ostilità sul territorio fiorentino ecco il biglietto che il 29 luglio Giuseppe Baldasseroni invia alla questura, denunciando "un fucile con caricatori e due moschetti" abbandonati dal Comando germanico e dai soldati italiani di guardia nei locali delle scuole. "Prego di voler disporre" conclude, quasi con un sospiro di sollievo, lo scrupoloso soprintendente "per il ritiro di dette armi".

Mancano solo tredici giorni all’11 agosto, quando le campane di Palazzo Vecchio daranno il via all’insurrezione dell’intera città.

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