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La vetrina dei segreti

A cura di Roberta Barbis, 10 luglio 2017

Meglio un uovo oggi...


Questi documenti sono conservati presso l'Archivio storico del Comune di Firenze

Il problema della conservazione dei cibi a lunga scadenza, in epoca antecedente ai moderni sistemi di refrigerazione e congelamento, ha sollecitato l’ingegno umano fin dalla più remota antichità, dando origine alle più disparate tecniche di essiccamento, salatura, affumicatura e preservazione sottovuoto.

Il prodotto pubblicizzato in un carteggio del 1913, appartenente agli affari sfogati dal sindaco di Firenze marchese Filippo Corsini (ASCFi, Affari generali, lettera A, n. reg. 1788, anno 1913, CF 4742), supera tuttavia molte delle più audaci fantasie culinarie in materia. E’ il signor E. Perutz, agente generale del Laboratorio Chimico-tecnico Josef Partisch, Vincenz Nagl, Pilsen che scrive, da Praga, il 26 giugno 1913, sottoponendo all’attenzione del Municipio fiorentino un mirabolante preparato per la conservazione delle uova, l’OVUMIN, che a suo dire “recherà notevoli servigi ai vostri concittadini, di ogni età e di ogni classe, potendo influire grandemente sulla nutrizione efficacissima a buon mercato ed alla portata di tutti”. Come spiega Perutz, “ogni uovo fresco, non sudicio e non fesso, unto coll'Ovumin, rimane fresco un'anno intiero, senza acquistar cattivo sapore, senza cambiamento esterno o interno. L'uovo ovuminato sopporta pure, senza subir danno, temperature elevate”. E a supporto di tale sorprendente affermazione vengono riferite le esperienze di consumatori entusiasti, quali ad esempio “il Sig. hijo de F. Munoz a Bejar (Spagna)”, il quale “dopo esperimenti di molti mesi in temperature altissime, ordinò poco tempo fa Ovumin, per la conservazione di molti millioni di uova”, oppure “la prima autorità in Boemia in materia di agricoltura, il consiglio d'agricoltura del Regno di Boemia (Landes-culturrat fur das Konigreich Bohmen)” che “con riguardo al vasto significato dell'Ovumin, lo fece esperimentare un'anno intiero, mediante diversi Istituti d'agricoltura, a lui sottoposti”. Non manca un prospetto annesso, che riproduce una parte delle migliaia di attestati (oggi diremmo recensioni!) disponibili, a testimonianza dell’efficacia dell’invenzione. Sicuro del fatto suo, Perutz si spinge fino a raccomandare agli amministratori locali di “voler introdurre l'Ovumin in tutti gli Istituti cittadini, cooperative di consumo, scuole, ospedali, ecc.”, come pure di “distribuirne gratuitamente fra le famiglie povere” poiché “coll'introdurre l'uovo ovuminato, sempre fresco, resistentissimo in ogni stagione in gran parte dei focolai poveri o meno agiati, contribuirete con piccola spesa immensamente al benessere popolare”. Termina poi con indicazioni più pratiche e molto meno idealistiche: “Un chilogrammo di Ovumin basta per quattordici mila uova. Il prezzo è di Lire 12 (dodici) il chilogrammo, reso in stazione di Praga, pagamento a consegna della merce allo speditore, in stazione di Praga (Boemia)”.

L’entusiasmo dell’agente di commercio boemo è grande, ma la risposta dell’ufficio del sindaco, dieci giorni più tardi, ne congela (è il caso di dirlo) gli slanci: “debbo significarvi che le Amministrazioni comunali non sono autorizzate ad effettuare altre spese per beneficenza all'infuori di quelle stabilite dalla legge e quindi non può esser fatta la distribuzione gratuita dell'Ovumin ai poveri. Quanto poi alla diffusione del vostro preparato fra gl’Istituti cittadini, occorrerà che vi rivolgiate direttamente agl'Istituti stessi”.

Non ci è dato sapere quale fu la successiva mossa pubblicitaria dei produttori di Ovumin, che già dimostrano –a giudicare dal depliant unito alla lettera- un piglio deciso e moderno. Restano però alcune curiosità irrisolte: la prima, circa l’aspetto del misterioso preparato, probabilmente a base grassa, poiché si parla di “ungere” le uova, ovviamente fresche, pulite e intatte; la seconda, sulle conseguenze di tale procedimento… dove e come riporre, in seguito, le sterminate quantità di uova così “ovuminate”?

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