Il Libro del chiodo rappresenta una sorta di monumento della storia di Firenze e a lungo ha figurato tra i cimeli più evocativi e rappresentativi dell'Archivio di Stato fiorentino. La sua imponenza ‘fisica’ (il formato reale, le assi rivestite di cuoio, ma soprattutto i chiodi minacciosi – uno il superstite – impressi sui piatti, anteriore e posteriore, della coperta) si lega intimamente alla forza delle suggestioni emotive che evoca.
Esso contiene infatti la copia di tutte le registrazioni dei bandi comminati contro i Ghibellini e i Guelfi Bianchi (equiparati ai Ghibellini) dichiarati colpevoli di ribellione al Comune e pertanto esclusi dalla vita politica cittadina, e testimonia l'affermazione della Parte Guelfa in Firenze, dai suoi esordi (1268) all'avvento del governo di reggimento, seguito al Tumulto dei Ciompi del 1378.
Tra i nomi dei condannati figura anche quello di Dante Alighieri, dichiarato colpevole di appropriazioni indebite (‘baratteria’) effettuate durante il suo priorato (1300), di aver agito contro il Papa e Carlo di Valois, contro il pacifico stato della città di Firenze e della Parte Guelfa, di aver provocato la scissione dei Guelfi di Pistoia e l'espulsione della parte Nera. La fortuna storiografica del documento è da sempre associata, appunto, alle sentenze del podestà Cante de' Gabrielli da Gubbio, che il 27 gennaio 1302 gli comminò l'esilio (pp.3-5) e il 10 marzo successivo la condanna alla pena capitale (pp.14-15).
Ma quando propriamente è stato confezionato il Libro del chiodo? Sulla base delle ricerche condotte in vista della sua edizione (ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Il Libro del Chiodo, riproduzione in fac-simile con edizione critica, a cura di F. Klein, con la collaborazione di S. Sartini, Firenze, Edizioni Polistampa, 2004), si può sostenere che la redazione del registro (per la parte relativa alle pp. 1-135) sia avvenuta tra il 1354 ed il 1358, più probabilmente intorno a quest’ultima data, momento di accesa recrudescenza del contrasto tra la Parte Guelfa e il governo di popolo.
In risposta alle leggi antimagnatizie, che limitavano l’accesso al priorato di ampi settori degli antichi lignaggi, la Parte Guelfa reagì riuscendo ad imporre drastiche leggi, che limitavano l’accesso agli uffici pubblici per quanti fossero riconosciuti ‘ghibellini’. Proprio nel 1358 i Capitani di Parte inaugurarono la prassi di ‘ammonire’ preventivamente tutti coloro che intendevano discriminare politicamente, dichiarandoli sospetti di ghibellinismo: ad essi veniva notificata l’ingiunzione di evitare di assumere uffici pubblici, con la minaccia di una persecuzione penale in caso contrario. Tale pratica fu portata avanti dalla Parte con notevole successo fino al 1378. Nel ventennio 1358-1378 il Libro del chiodo costituì la documentazione di appoggio usata prevalentemente nelle procedure di ammonizione.
Dopo il 1378, coi nuovi equilibri instaurati in città dai governi di reggimento che tentarono una ricucitura delle precedenti fratture, si assisté al declino del potere della Parte Guelfa e del Libro del chiodo come strumento di repressione politica.