L’8 gennaio 1909 approda a Livorno la così detta “Nave del dolore” il piroscafo Taormina con a bordo 268 profughi messinesi, duecento dei quali bisognosi di cure mediche. Inizia l’opera di soccorso e assistenza dove il comitato viene prontamente coadiuvato dalla Misericordia e dalla pubblica assistenza. Al contingente iniziale di bisognosi presto se ne aggiunsero altri e Livorno arrivò a prestare ogni tipo di cura ad almeno cinquecento profughi siciliani e calabresi (dalla relazione sulle spese mediche sostenute dal gennaio al luglio 1909 si evince che il Regio Ospedale di Livorno fornì cinquecento posti letto per le vittime del sisma in arrivo da Calabria e Sicilia, CLAS Archivio Storico Comune di Livorno). Un così alto numero di persone trovò assistenza e asilo in varie strutture livornesi come il Nosocomio e il Ricovero di mendicità, mentre l’ing. Giuseppe Orlando aprì ai profughi la sua “Villa Ada” e altri furono ospitati presso la struttura dell’ex Lazzeretto di San Leopoldo. Grande fu anche il lavoro dell’Ufficio di igiene e del Dr. De Plaisant che si impegnarono per garantire idonee condizioni igieniche nelle strutture in cui erano alloggiati i profughi.
Con varie iniziative tra cui una passeggiata di beneficienza furono raccolti abiti, utensili e tutto il necessario per l’igiene ed il decoro degli sfortunati connazionali. Dalle relazioni di cassa, dove le spese venivano minuziosamente rendicontate, si può evincere che gli sforzi del Comitato provinciale livornese avevano fatto raccogliere la sbalorditiva somma di L.238.536,18 alla quale dovevano essere aggiunti gli interessi maturati per un totale di L.240.852,28. Nella relazione conclusiva, il Presidente presentando il rendiconto delle spese attesta la presenza di un residuo di cassadi L. 67.400 che venne così distribuito: L. 10.000 all’ Ospedale Regina Margherita di Messina, L.30.000 all’Ospedale interprovinciale “Garibaldi” a Melito Porto Salvo in Calabria e L.25.000 all’Ospedale civico di Messina, che in segno di profonda gratitudine per l’aiuto ricevuto intitolò due padiglioni alla città di Livorno.
La relazione finale del conte De Larderel sull’operato del comitato si chiude con toccanti parole che ben evidenziano la naturale propensione alla generosità che ha sempre contraddistinto Livorno e i livornesi.
“Livorno, come sempre, fece il dover suo, e deve sentirsi paga del beneficio compiuto; né il nostro Comitato, nell’atto di sciogliersi, può non partecipare alla legittima soddisfazione dell’intera Provincia, perché il bene non è bene se non quando è ben fatto e perché noi, nel mandato volenterosamente assunto, ponemmo ogni maggiore studio e tutta la nostra coscienza. L’amore del natio loco, che persuade e incita i superstiti reggiani e messinesi a ricostruire le loro città sullo stesso infido terreno che costò loro tante lacrime e tanta miseria, è il medesimo amore che ci ha uniti nell’uffizio pietoso da noi esercitato in nome e per l’onore di Livorno e che sicuramente ci unirà di nuovo, qualunque volta ci sia un’opera buona da compiere e la buona fortuna di questa terra diletta abbisogni di difensori risoluti e concordi.”
(Si ringrazia per la collaborazione alla stesura di questo articolo Monica Moschei, Responsabile Gestione Archivi del Comune di Livorno).