L’Archivio storico delle Case Popolari di Firenze costituisce una fonte preziosa per la ricostruzione delle vicende legate all’edilizia popolare nella provincia di Firenze, con le discussioni sui piani urbanistici, le riflessioni teoriche e tecniche intorno alla progettazione e alla manutenzione degli edifici, sullo sviluppo del concetto di abitare, grazie ai lavori di architetti e ingegneri quali Giovanni Michelucci, Raffaello Fagnoni, Ferdinando Poggi, Leonardo Savioli, Leonardo Ricci, o degli addetti ai lavori. La documentazione conservata in questo archivio riveste valore di testimonianza non solo per l’architettura, ma anche per la storia sociale, la storia del paesaggio, del territorio e l’evoluzione urbanistica delle nostre città.
L’Istituto per le Case Popolari in Firenze nacque per iniziativa del Comune, nel marzo 1909: era stato con il Testo unico sulle case popolari ed economiche del 1908 che ogni Istituto poteva acquistare terreni da destinare alle costruzioni, comperare edifici, costruire case e amministrarle anche per conto del Municipio, istituire premi d’incoraggiamento per la costruzione e partecipare a istituzioni che avessero uguale scopo; poteva, infine, impiegare capitali in titoli di credito dello Stato. La progettazione e la manutenzione dei fabbricati erano affidate ad un ingegnere nominato dal Consiglio di amministrazione. Il primo progettista dell’Istituto fiorentino fu l’ing. Ugo Giovannozzi, fautore della tipologia ‘a blocco’, con corti chiuse. Tra il 1926 e il 1928 vennero realizzati progetti che rispondevano a differenti fabbisogni abitativi: uno ‘ultrapopolare’ e l’altro destinato al ceto impiegatizio. In questi anni si evidenziò come sintomatica la tendenza dell’Istituto a urbanizzare zone della città che allora erano in aperta campagna, dove si tendeva a far migrare il ceto popolare, mentre i programmi edilizi del Regime determinarono lo ‘sventramento’ di alcune zone del centro storico. Fra il 1930 e il 1932 furono realizzati due gruppi di ‘casette rapide’, di non più di due piani fuori terra, fornite di terreno utile alla realizzazione di piccoli orti e comprendenti la costruzione di servizi per i bambini (asilo e consultorio pediatrico). La legge del 6 giugno 1935 stabilì il riordino degli Istituti su base provinciale, fino ad allora nati come emanazione comunale. Con il sopraggiungere della guerra, l’attività costruttiva cessò temporaneamente.
Dopo il conflitto, per risolvere l’emergenza dei senzatetto, lo Stato intervenne mediante l’emanazione di leggi per la ricostruzione, favorite dal Piano Marshall e dall'Unrra-Casas in prevalenza nella provincia (Certaldo, Campi Bisenzio, Dicomano, Firenzuola e ad Empoli). L’azione più ampia per le nuove costruzioni di Firenze e provincia fu poi promossa con il Piano Fanfani, il cui scopo principale era quello di creare occupazione favorendo la costruzione di case. A Firenze fu pensato e realizzato a tempo di record, su un’area ceduta a titolo gratuito dal Comune, il villaggio dell’Isolotto; padre del progetto fu il sindaco Giorgio La Pira. I progettisti adottarono una pluralità di soluzioni abitative all’interno del denominatore comune del quartiere-giardino, dove le aree verdi avrebbero coperto tre volte lo spazio delle abitazioni. Un’urgenza da risolvere per agevolare le costruzioni del Piano Fanfani era la messa a punto del nuovo Piano Regolatore della città di Firenze, concluso nel 1962, quando già avevano preso avvio le discussioni intorno al quartiere che doveva sorgere a cavallo della collina fra Firenze e Bagno a Ripoli: Sorgane. Le Commissioni per l’edilizia popolare (Cep), istituite nel 1954, avrebbero dovuto occuparsi del reperimento di aree, della loro edificazione e dell’urbanizzazione. Cambiava così il concetto di quartiere autosufficiente in quello di quartiere coordinato, ossia completo di tutte le attrezzature dei servizi collettivi necessari agli abitanti. La legge 167/1962 impose ai Comuni l’elaborazione dei piani di zona, con l’identificazione dei lotti su cui costruire alloggi economici e popolari, individuati a Firenze nelle zone di Villamagna, Mantignano, Torri Cintoia e Le Piagge. La zona di Torri Cintoia, prosecuzione virtuale del quartiere dell’Isolotto, è l’ultimo luogo di concentrazione di case popolari; in seguito saranno compiuti interventi complessi ma distribuiti in città e a pioggia nella provincia. La legge 865/1971, detta ‘legge per la casa’, fu il primo passo del trasferimento alle Regioni delle competenze territoriali; nel 1986 gli Iacp della Toscana hanno preso la denominazione di Ater (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale).
L’Archivio delle Case Popolari conserva la documentazione degli interventi di costruzione di edifici di edilizia residenziale pubblica finanziati dallo Stato, dai suoi organismi e dall’amministrazione regionale toscana. Con il riordino, iniziato nel 2001, è stato dotato di un titolario di conservazione, di un massimario di scarto per la gestione dell’archivio corrente e di un inventario analitico; nel 2003 è stato dichiarato di notevole interesse dalla Soprintendenza archivistica per la Toscana. L’Ater prima, e ora Casa Spa lo hanno sempre considerato come un ufficio attivo dell’azienda: i dipendenti utilizzano le carte per la manutenzione delle case, come richiede la missione dell’ente gestore di un patrimonio abitativo pubblico ora passato a proprietà privata; nuove acquisizioni avvengono regolarmente nel corso dell’anno. Sono conservate le serie complete con i libri dei Verbali del Consiglio di amministrazione, i registri di protocollo, i bilanci, la sezione Legale con lo studio delle leggi di finanziamento e il relativo carteggio, gli atti di gara e i contratti con le ditte appaltatrici. Le 3875 unità archivistiche, fra buste e registri, sono articolate in sezioni relative agli enti produttori che si sono succeduti negli anni. L’Archivio conserva anche gli atti dell’attività edilizia dei comuni della provincia di Firenze e dell’attuale provincia di Prato.